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Trento, 28 aprile 2010 «In alcuni settori, l’acquisizione della delega per l’Università di Trento da parte della Provincia, potrebbe avere effetti sulla libertà di ricerca». È questo il timore di alcuni docenti e dottorandi dell’ateneo. Un timore espresso lunedì sera in occasione dell’incontro voluto da Socialisti, Verdi e Leali che hanno presentato un documento unitario che sarà discusso venerdì. Venerdì, infatti, è fissata l’audizione con la commissione provinciale per la delega statale in materia di università. Silvio Goglio, docente di economia politica e sviluppo locale, ha lanciato una provocazione: «Se la Provincia ha assunto questa competenza, piuttosto onerosa, vorrà qualcosa in cambio. Ma cosa? Il rischio è che la Provincia finanzi solo certi progetti e per questo sono timoroso sulla libertà di ricerca in alcuni settori». Ma quali sarebbero più a rischio? A continuare il discorso iniziato da Goglio ci ha pensato Alexander Schuster, presidente dei dottorandi. «Le facoltà umanistiche, come Lettere, Giurisprudenza, Sociologia, faranno più fatica ad ottenere finanziamenti». Insomma, il timore è che la Provincia, avendo la delega e tenendo i cordoni della borsa, possa limitare un certo tipo di ricerca, oppure favorire certi approcci. Un timore non del tutto fugato dal rettore dell’ateneo trentino, Davide Bassi. «Il dilemma è: meglio avere un governo spilorcio ma lontano, oppure uno che investe, ma vicino? La delega è importante perché ci toglie dalla graticola tremontiana e da una situazione nazionale catastrofica, ma è bene che non si passi dal centralismo di Roma al centralismo di piazza Dante».Insomma, il messaggio è chiaro: giù le mani dall’autonomia dell’Università. Altro capitolo affrontato ieri è stato quello della governante. La delega, infatti, avrà effetto anche sull’ “architettura” di consiglio d’amministrazione e senato accademico. A fine marzo proprio il senato accademico ha votato un documento che propone un Cda composto solo da membri esterni all’Università, in linea col modello americano. Il Cda completante “laico”, però, non convince tutti. «Serve anche una minima rappresentanza del mondo accademico, ha sottolineato Giulia Boato, rappresentante dei ricercatori nel Cda. Quel che è certo è che con la delega cambierà forma anche il senato accademico e questo cambiamento sarà il frutto di un’altra novità. Si porrà fine, infatti, «all’anomalia tutta italiana», come l’ha definita Bassi, «di avere facoltà che pensano alla didattica e dipartimenti che pensano alla ricerca. I due enti – ha continuato il rettore – saranno accorpati». La sensazione di tutti è che con questa delega ci si gioca gran parte del futuro dell’Università di Trento. Vincere la sfida vorrà dire riuscire ad essere ancor più competitivi in Europa. |
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